Sembra che il blu del logo di Facebook sia dovuto al daltonismo di Mark Zuckerberg, che lo ritenne adatto alla sua creatura perché facilmente distinguibile dalla sua visione alterata. Si dice che The Coca-Cola Company, agli albori della sua avventura commerciale, scelse il rosso per distinguere i barili del suo prezioso liquido analcolico perché l’ufficio del fisco americano li distinguesse da quelli contenenti alcolici e quindi non li tassasse. Non è dato sapere quanto il colore abbia influito sul successo globale di questi due brand. Certo è che oggi sarebbero irriconoscibili senza la loro iconica livrea.
Oltre a un elemento identitario, il colore è una leva eccezionale per le vendite: influisce per l’80% sul riconoscimento di un brand. Ciò significa che scegliamo e compriamo (anche) perché persuasi dai messaggi che i toni cromatici comunicano al senso che per primo entra in contatto con il prodotto: la vista. E se per Facebook e Coca-Cola si è trattato di una fortunata casualità, oggi l’attribuzione di un colore a una marca, a un prodotto o a un servizio è una delicata questione di analisi, ricerche, studi e test.